Era solo questione di tempo prima che Sabato De Sarno lasciasse Gucci. Fin dal suo debutto, accolto con tiepido entusiasmo, si era iniziato a mormorare sulla sua permanenza. Le sue successive collezioni non sono riuscite a generare quell’entusiasmo necessario per un marchio come Gucci, e i risultati finanziari hanno parlato chiaro: sotto la sua direzione, il brand ha perso circa 2 miliardi di euro in vendite.
Nel mondo della moda, i grandi capi spesso chiudono un occhio sulle eccentricità delle menti creative, purché queste portino successo. Hedi Slimane ne è un esempio: le sue scelte radicali gli sono state perdonate perché hanno portato crescita e desiderabilità al marchio. Ma quando il calo finanziario è direttamente collegato a un design che non attira l’attenzione né degli addetti ai lavori né degli acquirenti, la pazienza finisce presto. De Sarno non era un ribelle, non aveva una visione storica dirompente, non era un eccentrico amante dell’arte teatrale e non si distingueva per un talento artigianale straordinario. Era, in sostanza, un insider del brand a cui è stata data l’opportunità di lasciare un segno, ma che ha finito per dare troppo spazio a se stesso. Le sue scelte stilistiche – dal predominio del bordeaux alla ripetizione insistente della parola "ancora" – non hanno saputo dare una svolta alla maison.
Il management di Gucci ha seguito attentamente il suo operato, valutando attentamente il rischio di quella scommessa. Guardando al panorama attuale, i numeri parlano chiaro: Pharrell Williams sta portando risultati eccellenti a Louis Vuitton, Mathieu Blasi sta consolidando Chanel, Prada e Miu Miu continuano a crescere vertiginosamente, e Alessandro Michele ha trovato nuova linfa creativa da Valentino. Gucci non può rimanere indietro, limitandosi a osservare il successo altrui.
Ora che la posizione è vacante, la maison si trova di fronte a una scelta cruciale: optare per un designer con una personalità forte e distintiva, capace di ridefinire il brand, oppure affidarsi a una figura più conservatrice e strategica. Tra i nomi che circolano, Hedi Slimane è una possibilità concreta, con il suo linguaggio estetico riconoscibile e la sua capacità di rivoluzionare un marchio. Anche Kim Jones, che ha recentemente chiuso il suo capitolo con Dior Homme, potrebbe rappresentare un'opzione interessante. Poi c’è Pierpaolo Piccioli, in attesa di una nuova avventura dopo la sua uscita da Valentino, e infine Maria Grazia Chiuri, che potrebbe lasciare Dior per aprire un nuovo ciclo.
Chiuri potrebbe essere una scelta insolita, ma non priva di senso. È italiana, profondamente legata alla sua cultura, e ha dimostrato di saper creare collezioni con un appeal commerciale solido. Non ha mai puntato alla rivoluzione stilistica, ma il suo amore per il femminismo e per una moda dal significato simbolico l’ha resa una figura di riferimento. Dior, sotto la sua guida, ha garantito stabilità e risultati finanziari più che soddisfacenti, il che potrebbe essere un fattore determinante per Gucci, attualmente in cerca di sicurezza e di una visione chiara.
È ancora presto per dire chi sarà il nuovo Tom Ford o il prossimo Alessandro Michele di Gucci. La storia del brand potrebbe prendere qualsiasi direzione, ma almeno la maison ha la possibilità di scegliere tra figure di peso e di carisma. Il prossimo capitolo di Gucci è ancora da scrivere, ma le opzioni sul tavolo fanno ben sperare per un futuro più radioso.